
Il Tar Lazio spiega: scelta limitata a casi specifici, valutata dall’Amministrazione nel corso del procedimento
Abusi edilizi, il fatto
Il caso analizzato dai giudici riguarda un ricorso contro l’ordine di demolizione di un edificio di 100 metri quadri, realizzato inglobando un piccolo magazzino di 12 metri quadri. L’edificio era stato realizzato senza alcun titolo edilizio e sorgeva in una zona che il nuovo PRG aveva inserito tra i “Nuclei di edilizia ex abusivi da recuperare” e, in particolare, in un’area vincolata. Il Comune aveva quindi ordinato la demolizione d’ufficio. Secondo i responsabili dell’intervento, invece, non esisteva alcun interesse pubblico tale da giustificare l’immediata demolizione. Il provvedimento, a loro avviso, appariva sproporzionato dal momento che i lavori dovevano essere considerati “manutenzione ed integrazione di servizi, con modesto aumento dei volumi per garantire maggiore fruibilità e salubrità degli ambienti.
Abusi edilizi, demolizione o multa?
I giudici hanno respinto il ricorso spiegando che la demolizione d’ufficio, prevista per l’immediata rimozione di abusi particolarmente gravi, era stata disposta in modo corretto. A detta del Tar, dopo i sopralluoghi era emerso che gli interventi non potevano essere classificati come manutenzione straordinaria perché avevano completamente stravolto la costruzione preesistente. I giudici hanno ricordato che l’ordinanza di demolizione di opere abusive non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento né ha bisogno di una motivazione perché si tratta di un atto dovuto e rigorosamente vincolato. Il Tar ha infine sottolineato che la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione è consentita solo quando, con l’abbattimento delle opere realizzate senza titolo abilitativo, possono essere danneggiate le parti dell’edificio realizzate legittimamente. Tale possibilità, hanno concluso i giudici, deve inoltre essere valutata dall’Amministrazione competente nel corso del procedimento.